di gwynnett [user #9523] - pubblicato il 03 aprile 2013 ore 16:23
L’immagine di quello splendido segmento di vita lavorativa americana, magistralmente narrato da Federica in un diario forse troppo breve e sparuto, ma difficilmente commentabile data l’attenta analisi da parte dell’autore, mi porta di nuovo a scrivere qualcosa, e scriverò sempre di musica, arricchendo il discorso con un po’ di tecnica ma in piccole dosi, proprio per non annoiare.
Da un po’ di tempo qualcuno mi chiede di assemblare dei cloni e di farlo con le tecniche del tempo, ricorrendo a basette di bachelite e semplici cavi in modo da ricreare lo spirito dell’epoca e per riproporre quei suoni che un ormai distratto musicante come me, segnato dall’età e da un irrefrenabile desiderio di tornare all’antico, apprezza sempre e quasi con commozione, ricordando gli anni durante i quali era un lusso suonare con 20 watt ed un altoparlante da dieci pollici.
Per un breve periodo della mia vita musicale, prima di passare per necessità del gruppo al basso elettrico, ho suonato la chitarra, amplificandola con un Fender 5E3 originale americano con alimentazione a 110 volts e si imponeva dunque l’uso di un trasformatore, ingombrante, pesante e rumoroso, per nulla protetto e molto propenso a scaricare tensione sul povero utente.
Ho deciso di replicare quell’ampli, pressato anche dall’altro chitarrista del gruppo, un progetto semplice e per nulla critico ma che comunque richiede una certa attenzione per evitare loop indesiderati ed auto oscillazioni, presenti, a volte, anche nell’originale.
Solamente tre piccoli elettrolitici ed una basetta con quindici contatti per una macchina meravigliosa nella sua semplicità ma che riesce comunque a distruggermi riproducendo quelli che per me rappresentano i suoni dell'anima.